Brezza di mare

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“Era novembre, e come quando non so cosa fare, vado in spiaggia. Era deserta, come ci si poteva aspettare, in una giornata autunnale. C’era ancora un vento forte, che veniva dal mare. Era la brezza che ti soffiava in faccia la salsedine, ricca di presagi, che non portano nè al bello, nè al brutto tempo. Accarezzava le dune ricoperte di ammofileti e scuoteva le lontane pinete, creando un sottofondo presente, ma silenzioso. Il colore del cielo era spento, opaco, come il freddo che si faceva sempre più sentire. Del pallore che mi circondava, niente avrebbe potuto ricondurmi ai ricordi colorati e vivaci delle estati lontane. Certo, tutto ora era più naturale. La natura selvaggia di quel posto era messa a nudo dall’assenza della folla brulicante e chiassosa. Non c’è traccia di nostalgia, la spiaggia è anche così: un baraccone chiuso con lunghissime distese di sabbia rugosa. Una pagina bianca o imperscrutabilmente scritta. Dei gabbiani avevano lasciato delle scie di impronte. Anche il mare era più freddo. Nella battigia le onde avevano lasciato i consueti rifiuti, insieme a qualche grumo schiumoso di alghe. Riguardai indietro il percorso delle mie orme, formare una linea che si allontanava ubriaca. Ascoltai il vento e le nuvole, rimboccandomi rabbrividendo il cappotto e godendo di questa povertà. Insieme al sapore dell’aria erano mescolate le aromatiche essenze marine, spruzzate dalle creste che si scioglievano nella sabbia grigia. Le ricamate forme delle nuvole multiformi risaltavano sulla piattezza monocroma e incorniciavano quell’unico paesaggio che si estendeva fino ai limiti dell’orizzonte, perdendosi nei suoi confini.”

AP